CRITICA

Hanno scritto di Carla Rigato numerosi critici: Augusto Alessandri – Eraldo Di Vita – Richard Demel – Sergia Jessi Ferro – Pier Francesco Listri – Vittoria Nalin – Luciana Peretti – Maria Beatrice Rigobello Autizi – Paolo Rizzi – Silvana Weiler Romanin Jacur – Carla Rugger – Laura Sesler – Paolo Tieto.

Il sogno è prospettiva ricorrente nella Commedia, basti pensare al sogno premonitore di cui si fa menzione nel sublime canto del conte Ugolino. Orientarsi nella mappa di questa attività mentale è arduo, ma Carla Rigato nella suggestiva opera “Ove, vinto, sogni in silenzio” dalle ragguardevoli dimensioni, nel mentre fa razzia dell’elemento luce, aspirazione somma del divino poeta, offre al fruitore la fisicità drammatica ed asfissiante del primo regno dell’oltretomba. Coinvolgente per modernità informale e materica la cromia con la quale intercettare le cupe tonalità infernali entro cui coabitano delirio, follia, surrealtà ed appunto sogno. L’affanno del pellegrino diviene per Carla affanno esistenziale e purtroppo non sappiamo se con funzionalità catartica vista la perentorietà del suo magmatico mondo interiore che ha ispirato l’opera nel cui perimetro, è fuor di dubbio, sembra disintegrarsi ogni elemento di bellezza ed ogni effusione di grazia.  Sappiamo essere stata sempre affascinata dall’Art autre la brava artista veneta già nella prima stagione iconica, allorché correlate con l’immagine e quasi offrendo ad essa nuovi itinerari, si potevano registrare “chances” informali di contorno, impensabili per un animo femminili. [Leo Strozzieri, “Dante 700. Tra ombre e luci”, 2021]

L’Anima Mundi di Carla Rigato – L’energia della natura, nella sua totalità, è il principio generativo di ogni singola forma di vita. Pur articolandosi secondo le differenti specificità individuali, ogni essere vivente è tuttavia connesso all’Anima Mundi, che è principio unificante e universale.

Così ci appaiono le opere di Carla Rigato: abitate da un antico fuoco alchemico, dove il colore denso, vitale, generoso – sempre sincero – spinge e preme verso il suo darsi forma.

Nelle opere – animiste e animate, a tratti “fauve” – di Carla Rigato, convivono infatti due anime complementari e inseparabili, che superano e surclassano le macchinose distinzioni, spesso sterili, fra astratto e figurativo.

Una di queste anime, quella figurativa, sa mantenere il controllo e il contatto con il terreno a portata di mano dell’artista. Perché la riflessione e il confronto con il quotidiano è per Carla Rigato la piattaforma da cui spiccare il volo, alla ricerca di quella dimensione che si proietta ben “oltre il visibile”.

Questa “intenzione” raggiunge il suo vertice nell’assoluto del gesto pittorico, nel colpo d’ala che non è mai ruffiano, che non sacralizza l’immagine, perché lo sguardo si dirige ben oltre.

Carla Rigato ha l’energia per superare l’immagine canonica, per riportare alla luce qualcosa che va al di là dell’oggetto fisico: un archetipo della spiritualità ma partecipe di una nuova dimensione intellettuale. L’immagine fuoriesce dall’astratto, è sempre in divenire, sempre in febbrile attesa della prossima definizione, dirompente forza, rinnovatrice.

Il gesto pittorico di Carla Rigato è una piena che avanza, fiera e inarrestabile. Le immagini che ci mostra Carla Rigato si concatenano in un’esplosione ingovernabile, talvolta allusiva: presenze e assenze intuite, segretamente nutrite e sognate. Libere composizioni della forma-colore, emancipate da qualunque intento rappresentativo che sia dato a priori; possibilità di proiettare il proprio io in un’aura mistica in cui emozione estetica e percezione, esperienza e intuizione – arte e vita –  diventano una sola, perché profondamente connesse all’energia del tutto. Anima Mundi.

I lavori di Carla Rigato evocano sensazioni profonde. Le composizioni dell’artista sono “visioni”: emozioni e ricordi si stemperano nell’evanescenza della carica cromatica, in un raffinato gioco di colore, dal gusto rigorosamente astratto. Nella pittura di Carla Rigato c’è una tendenza verso la concezione volumetrica e spaziale che sfocia in una fusione “atmosferica”, i quadri trasmettono energia, calore. Possiamo percepirne la “temperatura”; veniamo avvolti dalle fiamme di “Pietà del mio lungo penare” (2015) così come siamo cristallizzati ed eternizzati nel fossile “Primordi” (2017) oppure investiti dal vento freddo che soffia dalle lande brune e opalescenti di “Dove il cielo diventa spazio” (2013).

Il colore – steso con tecnica originale – ha tonalità intense e vibranti. L’artista crea così il suo linguaggio espressivo dal quale emerge una profonda conoscenza del disegno. Carla Rigato dimostra di sapere alternare e scambiare il senso del rapporto tra la forma e il colore, impedendone la fissità, il tutto in presa diretta con le tensioni e l’abbandono dell’inconscio, grazie alla sua personale e libertà creativa.

Si colgono nelle sue opere momenti d’intensa spiritualità, le opere coinvolgono attraverso elementi ricchi di penetrante lirismo poetico. Trame d’eterno in un reincarnarsi di vite attuali, tra lampi di materiali che rompono l’univocità pittorica e precipitano l’ordine denso del colore.

Un altro modo in cui Rigato rende visibile il cammino spirituale è quello di presentare forme conosciute e visibili che spingono verso l’ignoto e l’invisibile. Miscelando il noto e l’ignoto, crea un mondo in cui i confini tra astrazione e rappresentazione sono ponte verso l’energia del tutto.

Narratrice dell’esperienza femminile e della vita in generale, con passione e forza visionaria, Rigato ha messo sotto esame le principali fonti della pittura del Novecento, dall’Espressionismo all’Astrattismo, per coglierne gli aspetti che meglio traducono il senso della contemporaneità.

Le sue opere sono state esposte in rassegne collettive e mostre personali, sia nazionali che internazionali. In particolare, è stata invitata alla Biennale di Venezia nel 2011 (Padiglione Italia) e nel 2013 (Padiglione Tibet); ad Expo Milano 2015 (Padiglione Aquae Venezia). Nel 2017 è tra gli artisti selezionati per la terza Esposizione Triennale di Arti Visive di Roma (Complesso del Vittoriano) con la sua opera “Donna d’acqua e alla Biennale di Venezia (Padiglione Tibet). [Barbara Codogno,AreAArte, gennaio 2018]

OPERE 2017

“Carla Rigato, con peculiarità femminile, rintraccia l’origine. Il cominciamento del mondo appare grazie all’esplosione vitale degli elementi naturali. Mediante la potenza del colore intravediamo forme energetiche e figure in embrione uscire dalla placenta dell’incerto, eppur potente amalgama. La vita è in nuce. L’ “astrattismo” dell’autrice ci dirige verso un figurativo appena percepito, astratto. Percepiamo chiaramente come dall’energia cosmica si faccia strada la vita. Carla Rigato dipinge il momento decisivo: gli elementi, le particelle elementari, tutte le forze naturali si stanno concretamente avviluppando. Per dare origine al mondo.” [Barbara Codogno,10 giugno 2017]

Avere l’occasione di entrare nello studio di un artista è sempre un’esperienza emozionale unica, l’atelier di Carla Rigato ti fa sentire sopraffatto dal colore e dall’energia che le sue grandi tele subito trasmettono. Raccontare la sua pittura permette di entrare in contatto con sé stessi, ti pone davanti alle tue emozioni, fa sentire, fa ascoltare, guardare le sue tele è un processo sinestetico, multisensoriale. Ascoltare in sottofondo le note dell’ouverture della Traviata, sentire un ritmo, avvertire un cambiamento di suono, di strumento, diventa possibile restando a osservare il trittico Ultimo addio di Carla Rigato.

Il grande potere della pittura Informale è proprio quello di essere libera dal dovere rappresentare, non serve a comunicare un messaggio, non c’è sempre qualcosa da capire; questo diventa anche lo spazio da colmare con chi le sta difronte e si chiede comunque sia il suo significato. E’ davvero più forte di ogni possibile spiegazione; la maggiore parte del pubblico, invece, vuole capire, dare un significato, un perché a qualunque espressione, altrimenti questa sembra non essere degna di valore, credo proprio sia ancora così nonostante parliamo e vediamo arte Informale dal secondo dopoguerra. Non posso che rubare le parole perfette ed esaustive del grande storico Giulio Carlo Argan nel ricordare le origini dell’Informale:

Le poetiche dette dell’Informale sono indubbiamente poetiche dell’incomunicabilità. Non è una libera scelta; è la condizione di necessità in cui l’arte, che tutta una tradizione culturale aveva posto come Forma, viene a trovarsi in una società che svaluta la forma e non riconosce più nel linguaggio il modo essenziale della comunicazione tra gli uomini. L’arte non può più essere discorso, relazione.

Siamo all’indomani degli orrori della Seconda Guerra mondiale, l’arte informale diventa espressione profonda delle poetiche esistenziali. Protagonista della pittura è la materia, che non ha più una struttura spaziale e temporale come nell’arte figurativa. Non ha, né può assumere un significato definito; cioè farsi oggetto.

Non si può approcciare e “ascoltare” la pittura di Carla, se prima non si è fatto un passo indietro, nella storia e nella critica d’arte. Poiché per Carla la tela diventa spazio da costruire, da moltiplicare, in quel momento, proprio nel momento in cui si impugna la pennellessa, si sceglie il colore, la tonalità di colore giusto e appropriato da usare, è lì che l’artista esiste, ferma il tempo e la sua ricerca diventa materia, segno e memoria. La sua è davvero una ricerca pressante, continua ispirazione di forza ed energia da fermare per un istante con il gesto pittorico, per poi tornare a vibrare nello spazio del dipinto. Memoria inesorabile di una sensazione, di un’emozione di una suggestione.
Carla ci racconta di avere bisogno sempre più di spazi ampi, di tele grandi, difficili da contenere nello spazio chiuso del suo studio, per lavorare, per costruire quei vortici di gesti e colore che spingono il nostro sguardo oltre la bidimensionalità della tela, ci fanno entrare nella tridimensionalità della sua pittura, tanto da condurci a parlare anche di Spazialismo.
I gesti della pittrice sono energia pura che si imprime sulla superficie attraverso la sapiente scelta del colore – grande protagonista della sua pittura, fortemente evocatore di una matrice storica tutta veneta- che creano diversi piani spaziali tanto da fare percepire una forza centripreta o centrifuga, come la si voglia guardare.
I colori usati sono quelli acrilici, che permettono di lavorare con tempi più veloci rispetto ai pastosi e densi colori a olio, si asciugano rapidamente, permettono sovrapposizioni, rielaborazioni.
L’artista è spinta spesso ad adagiare la tela sul pavimento, salirci sopra per dipingere, “essere letteralmente nella pittura” proprio come usava fare il più grande esponente della action painting americana Jackson Pollock.

VENEZIA

OPERE 2012

OPERE 2012

Parallela anzi simultanea alla pittura informale di Carla, troviamo vedute di Venezia davvero melanconiche, dense di atmosfera eppure vedute astratte, della memoria e dell’animo.
Le vedute di Venezia meritano un faro puntato su di esse, poiché rappresentano un tema di lungo corso nella pittura e nella ricerca di Carla. Le “visioni” esposte in mostra hanno gli stessi accordi, lo stesso pentagramma, gli stessi colori, ci sono forme rassicuranti, le riconosciamo sono le sagome delle cupole e delle torri campanarie più famose di Venezia, ma nello stesso tempo sono astratte in uno spazio e in un tempo altro.
Guardandole mi vengono in mente le scacchiere colorate e rarefatte del maestro Bruno Saetti, nelle sue tele realizzate come un affresco strappato e poi incollato alla tela, un altro modo di vedere e pensare gli spazi veneziani.
Le Venezie ci proiettano in un’atmosfera annebbiata, sospesa, l’uso quasi esclusivo dei colori freddi fa avvertire l’umidità di una Venezia astratta.
Per concludere con le parole dello scrittore veneziano Tiziano Scapa: “indossa occhiali da sole molto scuri: proteggiti. Venezia può essere letale. In centro storico la radioattività estetica è altissima. Ogni scorcio irradia bellezza; apparentemente dimessa: profondamente subdola, inesorabile.” (da T. Scarpa, Venezia è un pesce)

Difronte alle tele di Carla non c’è spazio e tempo, non c’è prospettiva, linea o disegno, ma direttamente materia, colore e gesto si fondono per un racconto emozionale ed emotivo, personale, che non ci permette di catturare un messaggio universale, quanto piuttosto una sequenza di emozioni e percezioni. La pittura informale oltrepassa le tradizionali categorie del tempo e dello spazio, per continuare a parlare all’essere umano alla continua ricerca di sé: è la coscienza di sé stessi dinanzi ad uno specchio che ci fa vedere che siamo qui ora, in continuo divenire, già, proprio come la pittura di Carla Rigato.[Chiara Marangoni, luglio 2012]

“Le più recenti opere di Carla Rigato ritornano a stilemi che hanno caratterizzato il suo passato, arricchiti però da una più matura sicurezza, che sta a ribadire la coerenza con cui la pittrice porta avanti il proprio lavoro artistico. Stilemi che riflettono la consapevolezza che la pittura è impegno, rielaborazione e ricerca. Ritornano i nudi, talora come figure di cui non si riconosce più neppure il sesso, imperniate su una lenta, quasi sofferta, ricostruzione della forma. Sono esseri umani avvolti dalla solitudine, senza volto, spesso raggomitolati su se stessi, a volte languidamente semidistesi, ma sempre immersi in una atmosfera senza memorie,isolati dal mondo.

OPERE 2011

OPERE 2011

A ribadire il senso di solitudine che travolge la realtà contemporanea, dove ognuno è solo tra la folla e dove diventa sempre più difficile comunicare con gli altri. La pittrice forza le barriere dell’inconscio nel tentativo di dare voce all’essenza più intima della natura umana e spinge il colore ad articolarsi in immagini significanti capaci di sfiorare un archetipo immaginifico. Abbandoni visionari, esplorazioni in bilico tra sogno e realtà, slittamento dei sensi, trame dissolventi e linee di colore che imprigionano il cromatismo dei corpi. La pittura si allontana dal fondamento narrativo e si fa inquietudine esistenziale.  La figura umana diventa così emblema di se stessa, pura immagine, malinconica icona del nostro tempo, che non teme di inoltrarsi nel percorso dell’astrazione. Gli ultimi paesaggi della pittrice ribadiscono invece un sempre rinnovato senso della natura e della bellezza, della sua luce e del colore. … La pittura astratta rende visibile l’invisibile, sosteneva Kandinskij, e negli ultimi quadri astratti di Carla Rigato il segno-linea si perde nel colore, la luce diventa arcana memoria pronta a proiettarsi nel futuro. Proiezione concettuale di essenze interiori, il linguaggio pittorico esplora rimandi vibranti tra fluire universale dei sentimenti e intima interiorità di donna” [Maria Beatrice Rigobello Autizi]

“Corpi dipinti col sangue, martoriati, a brandelli, spogli come la nudità di Cristo sull’altare, avanzano in una lenta processione cruda e misera verso la Croce: è la domanda dell’umanità tutta intera che si muta in preghiera pur nell’angosciante urlo quotidiano.
Distesi, inginocchiati, piegati, stanchi si accostano al Sacrificio in una sorta di dialogo, di affannata ricerca, che sta in bilico tra la speranza e il dubbio, il timore e l’attesa, che stupisce là dove l’ombra si fa Mistero per smarrirsi nella sofferenza del Figlio di Dio, nel Suo nascere, vivere, morire e Risorgere.
Ogni opera di Carla Rigato racconta di silenzi, di strazi, di reticenze, dell’uomo fragile essere che vaga solo nella spazialità senza fine, grandissimo infinitesimale microcosmo, esile riflesso dell’Immenso.
La pittrice affida la propria suggestiva sonorità a un groviglio di sensazioni, di suoni, di emozioni che si avviluppano in un intreccio di segni e gesti che si stringono in uno straordinario movimento collettivo che parte dall’inconscio della mente e libera sulla tela il grido dell’artista che afferma la propria verità entro i mutevoli spazi della carne, delle ossa, della pelle che crea un bozzolo di vita che freme tra fragili dinieghi e inquiete domande, nello slancio sincero di ognuno che costruisce nella Fede ogni indubbia certezza, che annulla la morte e apre il senso del dolore alla speranza.
L’ istinto segnico introspettivo, emozionale di Carla Rigato è elemento che scorre, che cola, che lacrima, che viene da lontano, che si muove dal particolare all’universale, si compone al di là di spazio e tempo, permettendo un voluto distacco dal contingente per inoltrarsi nell’esplorazione del Sublime” [Marifulvia Matteazzi Alberti, maggio 2011]

OPERE 2011

OPERE 2010

 “…Carla Rigato si esprime in pittura come quello che potremmo indicare come espressionismo simbolico. ..ci sballotta tra riflessi del mondo vissuto e immagini d’un sogno appena intravisto. .. La terra si schiude davanti a noi, le rocce si sgretolano, le acque si aprono per un nuovo paesaggio. …Anche la vecchia strutturazione cubista elimina la sua traccia. La pittura si ribella ad ogni costrizione della mente. Domina l’istinto. ..I dipinti di Carla Rigato confluiscono nel dramma esistenziale del nostro tempo, rappresentano soprattutto dalle correnti del Neo-Primitivismo nordico e dei Nuovi Selvaggi, oltre che dalla più intuitiva Transavanguardia. .. Nessun manierismo: bensì un continuo rivoltarsi dello spirito. …” [Paolo Rizzi]

“.. Una realtà trasfigurata da un magma coloristico di forte impatto … il tocco è deciso, imperioso, di subitanea volontà nell’affermazione di un’idea ansiosa di manifestarsi, di compenetrarsi in un tutto. L’autrice impressiona sulla tela della vita il suo pensiero gravido di sensazioni, percezioni tattili …” [Carla Rugger]

“Carla Rigato ha elaborato la propria cifra stilistica sulla forza comunicativa del colore che sa eù

ssere al contempo luce, materia pigmentata, forma strutturale. … Ogni pennellata è frase, cellula di un racconto. L’espressività del colore .. non necessità più di alcun sostegno esterno, .. l’indagine è totalmente interiore. …” [Sergia Jessi Ferro]

“… Rilievo e profondità .. si definiscono e si compenetrano in forza di grandi campiture che inondano l’intera scena di intensa luminosità, di aerato respiro. .. Carla Rigato, da anni dedita alla pittura, arte che, configurando le bellezze tutte della natura, le tante diverse cose che circondano ogni essere, la stessa figura umana, conferisce aspetto e forma concreta agli ideali di creatività e alle migliori inclinazioni realizzative insite nell’intelletto e nella mente della persona. ..” [Paolo Tieto]

 “…  Nelle tele di Carla Rigato la composizione pittorica si sviluppa in rapporto alla vibrazione interiore suscitata in lei dall’osservazione della natura … La pittrice, mentre si accosta all’ambiente naturale con la gioia di scoprirne le colorate apparenze, manifesta nei suoi lavori una sempre rinnovata tensione spirituale che la porta ad immergersi negli spazi che ritrae e ad andare oltre gli aspetti visivi e descrittivi per giungere ad una interpretazione personale degli elementi considerati. I quadri evidenziano la capacità di percepire le molteplici manifestazioni della vita all’interno della natura e di saperle con immediatezza. ..” [Laura Sesler]

“… Carla Rigato si affaccia al mondo dell’arte con un impatto paesaggistico in cui domina il mare. ..Una proposta generosa di sapore ottocentesco recuperato al tempo, che di per  sé segna un cammino difficile e ne sottolinea l’originalità. ..” [Silvana Wriller Romain Jacur]

 “.. Un’arte che invita ad estendere la propria potenza di sogno, un’arte espressa, quasi in punta di penna, con quella grazia e leggiadria che sono le caratteristiche gentili di questa pittrice. ..” [Augusto Alessandri]

“… Non possiamo definire il suo lavoro né astratto, né figurativo, ma alla ricerca di una terza dimensione. Questo forse, è il suo obiettivo.” [Eraldo Di Vita]

“In un momento storico come l’attuale, e non parlo dell’economia ma dell’assetto generale delle istituzioni museali italiane e straniere, che ormai da molti anni vanno escludendo totalmente la pittura dal proprio organigramma, continuando ad insistere su una non dimostrabile preclusione verso di essa, non demordere dal coltivare l’arte pittorica come Carla Rigato, e riuscire in tale intento con una creatività ancora molto capace e multiforme è un bel gesto di coraggio, indispensabile peraltro quando si crede nelle proprie idee e con forza le si vuole portare avanti, tanto più se si è muniti di un ammirevole background artistico-culturale.

Dopo aver compiuto gli studi tecnici, voluti dalla famiglia ma presto accantonati in favore della pratica artistica, conosce Dolores Grigolon, pittrice veneta assai nota e apprezzata tra le due guerre, già anziana al momento di accoglierla come allieva (verrà a mancare infatti nel 1987), che alla giovane e promettente artista di Montegrotto regala una nuova vita, spronandola a fare emergere i lati della sua persnalità più riposti e meno noti a se stessa. Magicalmente il flusso creativo comincia a scorrere rapido attraverso i colori vividi e brillanti di cui è fatto il manto veneto e Carla, veneta lo è da generazioni.

Successivamente conosce Riccardo Demel, il quale le insegna a trattare il colore con timbri più maschili: il cambiamento è in pieno atto e avrà conseguenze importanti per la sua crescita umana e professionale. L’energia cromatica, originata da forti pulsioni emozionali, non ha più modo di arestarsi, scavalcando freni e inbizioni, riscattate, queste, dall’arte che tutto illumina e trascende.

Nel 2004 inizia a frequentare la Sommerakademie für Kunst di Salisburgo, città dove periodicamente si trasferisce per allenare la sua manualità: tra i primi maestri incontrati in questa scuola è il venezuelano Jacobo Borges, passato anche alla Biennale di Venezia, mentre in seguito sarà il tedesco Michael Morgner a seguire la sua evoluzione artistica, oltre ai cinesi Zhou Brothers. L’ambiente internazionale, con cui mantiene stretti contatti, ha ricadute postitive sui suoi modi stilistici, la cui maturazione, dalle opere meno recenti in poi, lascia intravedere conquiste espressive inaspettate e assolutamente sorprendenti.

Non ha senso, a mio avviso, decretare la fine della pittura, non ha senso se essa non ha mai smesso di essere praticata da molti maestri dotati di talento e fantasia, tanto più originali quanto più sono in grado di aggiornale le linguistiche del Novecento, introducendovi quelle particolarissime note di plasticità cromatica, specifica della pittura contemporanea, a cui, a quanto pare, non si sta dando neppur il tempo di dimostrare la propria diversità e autonomia rispetto al passato.

Di dejà vu (l’accusa mossa alla pittura di oggi) nell’arte di Carla non c’è proprio nulla, perchè questa linea espressionista da cui ella sembrerebbe discendere, per studi davvero effettuari in Austria, uno dei due cuori dell’Espressionismo europeo, e a cui la scrivente stessa l’ha ricondotta talvolta per un colorismo protagonista e vincente, non ha mai previsto di generare opere simili a quelle esibite in questa pubblicazione, segno non solo dell’indipendenza espressiva dell’autrice, come artista contemporanea, ma anche della sua unicità creativa.

Posto che i modelli originali franco-tedeschi, di ipotizzata ascendenza, avessero un retro-significato psicogeno che negli anni Duemila non ha modo di sussistere, posto che l’asservimento del colore all’irrinunciabile idea di una polemica culturale sia oggi del tutto insostenibile, cosa ci può essere di ancora attuale in quell’Espressionismo che talvolta ci piace eleggere a procreatore di alcune forme artistiche odierne?

È rimasto il colore, lo stiamo dicendo, ma l’uso materico che oggi se ne fà è totalmente altro rispetto al suo archetipo. Come non accorgersi infatti che, al di là delle teorizzazioni secondo cui questo artista deriverebbe da questa o quella corrente del XX secolo, esiste un’anima contemporanea che non è in alcun modo rapportabile a fonti preesistenti? In che modo poi si riesca a far vivere insieme colore e materia sul supporto -qualunque esso sia- della nuova action painting, ebbene questa è la sigla dello stile di ciascun artista. Carla è l’artefice di un linguaggio pittoricamente complesso, che non si ripete e non crea generi, nonostante una corretta lettura della sua opera si possa condurre, come vedremo, solo riconoscendo tre momenti stilisici diversi, corrispondendo ciascuno ad un percorso emo-estetico, con ciò intendendo una sorta di supremazia emozionale sul senso del bello. E questa è già una prima chiave di lettura dell’Astrattismo di Carla, che non si può circoscrivere con la sfuggente rotondità del pluralismo informale, perchè è proprio la forma pittorica a guidarci nel viaggio conoscitivo della sua arte, nella quale la scrivente ha indivuato tre tipologie espressive: 1. stile dei varchi 2. stile delle stelle cadenti 3. stile del monolite. Nel primo caso osserviamo superfici che si spaccano portando in luce varchi, antri e profonde cavità, dove l’artista ci invita ad entrare, ma in punta di piedi e non oltre una certa soglia, per preservare il messaggio subliminale dalla lettura spesso maldestra dell’uomo. […] autentici spettacoli naturali, che solleticano un confronto critico e dialettico tra l’essere fuori e l’essere dentro.

Il secondo stile riflette l’aspirazione a rappresentare l’universo infinito, che poi è anche dentro ogni uomo, citando Jung, ma soprattutto a prefigurarne le immaginarie fattezze estraendolo da se stessa, per scoprire così di possedere sviluppati sensori introspettivi. Nascono quindi opere come Energie dal centro della terra, Lanterne Rosse, Porsi domande, Trovare risposte e altri lavori composti e orchestrati sul concetto di stelle cadenti, appunto, filamenti di luce e bozzoli di colore che galeggiano in un mare di aria, galassie sperdute che la fantasia restituisce. Le stelle cadenti, tuttavia, in questa logica pittorica puramente rappresentativa, possono anche salire, diventando stelle salienti, mancando di fatto il centro gravitazionale.

La terza tipologia si è configurata di recente e prevede […] la presenza di una traccia “monolitica” rappresentata da una striscia larga e densa di colore, ugualmente realizzabile con pennello o spatola, che nella sua soda compattezza può comporre strutture che hanno sapore primordiale, misterici insiemi che affondano origini in antiche culture… Ma forse l’artista non ha in mente tutto questo, diciamo che non lo ha programmato intenzionalmente, limitandosi ad attingere dal suo subconscio energie pure per motivare un indagine che “pone domande” per “trovare risposte”. L’artista Carla Rigato ha tradotto in immagini la propria sensorialità psico-emotiva, perchè questa è la grande magia della pittura contemporanea: dipingere l’ineffabile. Dov’è il dejà vu?…”[Giulia Sillato, 29 maggio 2013]